Cara Scuola, quanto mi costi!

Abbiamo più volte sottolineato quanto l’equità a scuola rimanga quasi un’utopia (qui, qui e qui). Nelle ultime settimane è stato al centro del dibattito pubblico il cosiddetto “caro scuola”: i costi per l’istruzione aumentano a dismisura e nelle loro richieste insegnanti e dirigenti non tengono conto del peggioramento della situazione economica della maggioranza delle famiglie.

Libri, diari, astucci, zaini… 

Sono molteplici i materiali che ogni anno le famiglie devono acquistare di tasca propria: diari, quaderni, colori, penne, zaini, astucci, libri dalla secondaria di primo grado in avanti, con frequenti deroghe rispetto al tetto di spesa massimo… Ogni famiglia deve spendere in media circa 1200 euro ad alunno: a questa somma si aggiungono le spese relative a gite, laboratori, materiali extra, contributi per l’ampliamento dell’offerta formativa.

La spesa aumenta con il progredire del percorso scolastico: nelle secondarie il pagamento dei libri di testo è in capo alle famiglie, mentre nella scuola primaria la spesa è sostenuta dl comune di residenza degli alunni. Oltre a questo, agli studenti sono richiesti materiali via via più specifici in base all’indirizzo scolastico scelto, con costi spesso elevati.

Quanto è democratica una scuola che chiede a molte famiglie di spendere oltre le proprie possibilità?

La questione di fondo è tornare all’essenziale, senza pensare che l’abbondanza (di libri, astucci, penne…) sia sinonimo di qualità. Mille quaderni, colori, copertine abbinate… Qual è il senso? È un modo per ingaggiare i genitori e intrattenere i bambini nei primi giorni di scuola. Perché non dare loro semplici fogli bianchi per riconnettersi con le loro vite dopo tre mesi di lontananza?

Quantità (di materiali) non vuol dire qualità (di proposte): spesso è un modo per mascherare una scarsa progettualità. Puntare sulle relazioni e sulla capacità di ragazze e ragazzi di rinnovare e co-costruire il sapere consentirebbe di fare a meno dell’uso massiccio di materiali preconfezionati che soffocano la loro creatività.

Le scuole promuovono diverse iniziative (libri e materiali in comodato d’uso, specifici bonus) per supportare le famiglie che non possono sostenere questi costi, ma le somme stanziate per queste iniziative spesso non sono sufficienti a coprire il fabbisogno.

Perché agire consapevolmente in una direzione che mette in difficoltà famiglie e studenti? Perché far dipendere la qualità della scuola dai portafogli dei genitori?

Una scuola in cui la qualità si paga è classista, non democratica! 

Sarebbe forse corretto abbandonare le ipocrisie e dire che “la scuola è aperta a tutti” quelli che se la possono permettere. È aperta a chi può acquistare libri e materiali a qualsiasi prezzo. È aperta a chi può accedere a lezioni private se non ha capito un argomento o ha qualche difficoltà. È aperta a chi non ha problemi a versare un contributo per laboratori o esperienze extra.

La scuola democratica non è questa, però: garantire a tutti un’esperienza scolastica eccellente dovrebbe essere un imperativo categorico… E l’eccellenza non dipende dal portafogli delle famiglie, ma dalla capacità della scuola di gestire strategicamente e con creatività le proprie risorse.

Il punto è proprio questo: la scuola deve considerare le contingenze attuali e non colpevolizzare chi non riesce a soddisfare richieste “fuori tempo”.

Una scuola che chiede cifre folli alle famiglie non è una scuola di qualità, ma una scuola classista.