Colloqui coi genitori: vietato l’ingresso ai bambini!

Capita anche questo, a scuola, nel caldo mese di giugno. Terminata la routinaria attività didattica, gli insegnanti preparano le schede di valutazione e si rendono disponibili a incontrare le famiglie per un confronto sul percorso scolastico dei ragazzi.
Questo momento imprescindibile per la crescita del bambino viene di fatto negato ad alcune famiglie perché, si legge in molte circolari, l’ingresso a scuola non sarà consentito ad alcun bambino.

Insomma… La scuola, luogo in cui i protagonisti dovrebbero essere proprio bambini e ragazzi, non ammette al proprio interno gli stessi alunni che, fino all’8/10 giugno, sono stati tra quelle mura. C’è chi invoca questioni di sicurezza, questioni di riservatezza, questioni di gestione interna delle risorse…

Questioni, questioni, questioni…

In sintesi, la scuola decide di chiudere le porte ai propri alunni quando ci sono i colloqui (e non solo quelli di fine anno) per problemi di organizzazione interna.
Questa scelta fa sì che un buon numero di famiglie, specialmente le meno attrezzate e vulnerabili, rinunci a questo momento educativo importante.

La relazione scuola-famiglia è una componente irrinunciabile del percorso formativo degli alunni: un dialogo autentico tra le due agenzie educative è irrinunciabile. E allora perché privare alcuni, magari proprio i più vulnerabili, di questo momento cruciale?
Non ammettere i bambini all’interno dei locali scolastici significa di fatto escludere alcune famiglie da questa dimensione dell’esperienza educativa, magari proprio quelle più fragili e in difficoltà, quelle senza reti famigliari e che potrebbero essere in difficoltà o in imbarazzo a chiedere aiuto.

Qui è la scuola a creare una disuguaglianza!

Come in altri casi (ne abbiamo parlato qui), la scuola crea una disuguaglianza tra studenti compiendo scelte organizzative che producono una disparità.
Scegliendo di non fare entrare i bambini a scuola, di fatto gli istituti scolastici escludono una parte di famiglie dalla possibilità di confrontarsi con gli insegnanti rispetto al percorso scolastico ed educativo dei figli. Viene così meno la corresponsabilità educativa tra scuola e famiglia, per altro normata dalla legislazione vigente: tutte le famiglie devono avere la possibilità di accedere a una relazione dialogica e di scambio serena con la scuola, all’insegna di una collaborazione rispettosa dei reciproci ruoli e con l’obiettivo di promuovere la crescita intellettuale e personale dell’alunno.

E quindi?

Si tratta di garantire a tutte famiglie un momento di confronto con gli insegnanti; dal momento che in alcuni casi potrebbe essere preferibile che lo studente non partecipi al colloquio, occorre pensare a come permettere a tutte le famiglie di accedere a questa dimensione imprescindibile del percorso scolastico dei figli.
La scuola pubblica ha il dovere di essere democratica e perseguire l’uguaglianza sostanziale tra cittadini, esercitando la propria creatività e autonomia.

Non ci vuole molto, in fondo. Solo un po’ di creatività.

Basta pensare a colloqui scaglionati con alcuni insegnanti impegnati nel dialogo con le famiglie e altri in attività ludiche con bambini e ragazzi. Oppure, affidare ai collaboratori scolastici questo compito di vigilanza durante il tempo del colloquio, spesso dieci minuti o poco più. O ancora, favorire lo scambio all’aperto in uno spazio che consenta agli alunni di intrattenersi, mentre genitori e insegnanti si parlano, in uno spazio più libero per grandi e piccoli.
Sono alcune possibili soluzioni, solo se c’è la volontà, ovviamente, di accogliere a scuola ciascuna famiglia e ciascun alunno. Magari non soltanto per esprimere una valutazione sull’anno ormai concluso, ma per interessarsi a come sarà impiegato il tempo estivo, con quali opportunità di crescita e accompagnamento, in quali luoghi e servizi offerti dalla città per chi non può permettersi il lusso di una vacanza, nella lunga e calda estate che ci separa dal nuovo anno.