Giornate internazionali… usare con cautela!
Dalla giornata internazionale contro il razzismo alla giornata per l’eliminazione della violenza sulle donne, dalla giornata delle persone con disabilità alla giornata per la libertà di stampa… il calendario è ricchissimo di giornate da celebrare e il portale dell’Onu riporta niente meno che 152 ricorrenze.
Si tratta di temi importanti e fondamentali che da qualche anno vengono proposti all’interno delle scuole di ogni ordine e grado. Se l’intenzione è ottima e offre lo spunto per aprire la scuola alla riflessione su temi sensibili e di rilevanza civile, vi sono tre cautele fondamentali da adottare per trasformare queste occasioni in opportunità formative adeguate alle diverse età e contesti.
Primo: considerare l’età degli alunni
In alcune scuole dell’infanzia, lo scorso 25 novembre, si è celebrata la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Una panchina rossa all’ingresso dell’asilo, con piccole scarpe col tacco, simbolo della difesa delle donne dal dramma della violenza e del femminicidio. Occasioni riportate dai media locali, col plauso all’iniziativa e all’impegno delle insegnanti.
Se non è mai troppo presto per educare al rispetto dell’altro, proporre coi simboli del mondo adulto una riflessione sulla violenza contro le donne appare decisamente prematuro. La didattica della scuola dell’infanzia è peraltro già tutta incentrata sulla dimensione dell’inclusione e non bisogna certo aspettare le giornate internazionali per insegnare a bambini e bambine a rispettarsi a vicenda.
C’è una gradualità di esposizione ai temi, che è da rispettare per evitare iniziative controproducenti, se non dannose, per le sensibilità dei più piccoli.
Secondo: scegliere gli strumenti più adatti
In alcune scuole, sulla base del calendario, sta diventando imprescindibile dare vita a progetti e iniziative, talvolta in maniera improvvisata, magari per rispondere a una direttiva arrivata dall’alto (la dirigenza o il Ministero).
Ma la scarsa progettualità da una parte e la disponibilità di strumenti online preconfezionati dall’altra, può portare a proporre materiali non adattati ai bisogni educativi di una specifica classe. Emblematico è stato due anni fa l’utilizzo di un cartone per parlare a bambini di scuola primaria degli eventi connessi alla Giornata della Memoria: l’idea che un format tradizionalmente associato all’infanzia potesse addolcire un racconto cruento e con scene di violenza, aveva provocato negli alunni reazioni di vera angoscia.
Accompagnare le giovani generazioni in una riflessione sulla Shoah è fondamentale per la tenuta della nostra società democratica, nel presente e nel futuro: trovare modi e strumenti adatti è cruciale per evitare reazioni di rifiuto in alcune fasi di crescita.
Terzo: partire dagli alunni e non dal calendario!
Qualsiasi azione educativa deve partire da bambini e ragazzi, dalle loro domande, dal loro mondo, diceva Mario Lodi. Queste giornate non sono un fine, ma un mezzo per rafforzare domande e riflessioni dei nostri alunni. “I bambini hanno una loro vita segreta, una loro filosofia”, scriveva il grande maestro.
Più che ancorarci al calendario, dovremmo essere disponibili – dalla scuola dell’infanzia all’università – a fermare le nostre lezioni, a interrompere i nostri programmi ogni qual volta si alza una mano, un volto di un nostro alunno ci appare smarrito o interlocutorio, una domanda radicale viene formulata: perché la guerra? Perché la violenza? Perché il razzismo?
È lì, in quell’aula, in quel momento – di cui non sappiamo in anticipo data e orario – che con le loro domande profonde e con le nostre riflessioni di insegnanti informati e preparati sui grandi temi del nostro tempo, possiamo insieme provare a trovare orizzonti di senso.
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Vignetta di Margherita Allegri – margheritallegri.blogspot.com
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