Diversità sì, disuguaglianze no
Il principio di scuola aperta a tutti presente nella nostra Costituzione rimanda agli ideali di equità, educazione democratica e istruzione come ascensore sociale. C’è però una certa distanza tra il codice giuridico, le sue letture pedagogiche e la realtà che si respira a scuola: le disuguaglianze sono un nodo irrisolto del nostro sistema di istruzione e sono causa di insuccesso scolastico e dispersione.
È nota e purtroppo ancora attuale la denuncia di don Lorenzo Milani: la scuola non si comporta da great equalizer, poiché le condizioni socioeconomiche il livello di istruzione della famiglia pesano sull’esperienza educativa degli alunni riproducendo l’ordine sociale esistente. Se le recenti indagini sottolineano quanto queste cause di disuguaglianza siano ancora attuali e impattanti (Eurydice, 2020; OECD, 2021), emergono fattori non tradizionali di disuguaglianza che danno luogo a forme di iniquità inedite che riguardano tutti gli studenti.
Perché “non tradizionali”?
È la scuola stessa a crearli, a causa della propria cultura organizzativa e delle proprie scelte di funzionamento. Divengono visibili analizzando sia istituti diversi sia classi della stessa scuola, dipendono sia da scelte di governance sia dall’azione didattica dei singoli insegnanti.
Affinare le proprie lenti interpretative e capire meglio queste nuove cause di disuguaglianza è cruciale, poiché sono insidiose, nascoste, subdole, agiscono sottotraccia, appaiono molto specifiche e difficili da individuare poiché possono essere tanto diverse da un contesto all’altro.
Il contributo economico richiesto alle famiglie per l’ampliamento dell’offerta formativa rende agibili opportunità educative come conversazioni con insegnanti madrelingua o corsi di musica solo per quegli alunni le cui famiglie possono permettersi di pagare.
Gli stereotipi e i pregiudizi degli insegnanti hanno effetti sulla valutazione, come nel caso degli alunni con background migratorio che a parità di competenze dimostrate nei test INVALSI sono sottovalutati dai propri insegnanti (Triventi, 2019) o nel caso delle ragazze che si sentono dire di “non essere portate per la matematica” e dei ragazzi che “non sono portati per le discipline umanistiche e per il disegno”.
Il forte ruolo delle famiglie nel garantire l’apprendimento degli studenti, in lockdown ma non solo, delega ai genitori attività che dovrebbero essere svolte a scuola.
La segregazione scolastica promuove un’idea falsa di omogeneità sociale e culturale: accanto a scuole considerate di serie A poiché sono presenti alunni provenienti da famiglie con retroterra socioeconomico e socioculturale alto o medio-alto, ci sono scuole ritenute di serie B poiché frequentate da studenti provenienti da contesti socioculturali e socioeconomici differenti. C’è poi un tipo di segregazione ancora più subdola, ossia la segregazione interna (Oberti, 2007): all’interno di una stessa scuola ci sono classi e percorsi differenti in base alla provenienza sociale, economica e culturale degli alunni.
La formazione degli insegnanti ha un ruolo chiave nel garantire a tutti un percorso scolastico di qualità: possedere competenze pedagogiche e didattiche e non solo un bagaglio di conoscenza rispetto alla propria disciplina è cruciale per rispondere ai bisogni formativi specifici di ciascun studente.
Quelli elencati sopra rappresentano fattori non tradizionali di disuguaglianza: non dipendono dalle condizioni di provenienza degli alunni, è la scuola stessa a determinarli con le proprie richieste e la propria cultura organizzativa. Ce ne possono essere molti altri, specifici e da analizzare in situazione. In linea generale, emerge la necessità di invertire la rotta e portare nel concreto l’ideale di scuola democratica della nostra Costituzione.
Come farlo?
Avere l’equità come orizzonte di senso significa affermare la necessità di percorsi formativi di qualità per tutti, nessuno escluso; vuol dire non cedere alla tentazione degli “obiettivi minimi” e alla convinzione che ci siano studenti “non portati” per la scuola; significa vedere nell’autonomia scolastica uno strumento creativo per rispondere in maniera specifica alle necessità educative degli alunni e garantire a tutti esperienze educative eccellenti, non vedendo nel portafoglio delle famiglie l’unico strumento per migliorare la didattica.
Solo in questo modo la scuola può tornare a essere un ascensore sociale che permetta a ognuno di realizzare le proprie aspirazioni indipendentemente dal contesto socioeconomico e socioculturale di partenza. La diversità non deve divenire disuguaglianza: il pluralismo è la norma ed è una risorsa da valorizzare, senza cedere al sogno di somiglianza che vorrebbe rendere tutti uguali.
La lotta contro le disuguaglianze, soprattutto quelle non tradizionali, implica la necessità di un ripensamento profondo della nostra scuola. Abbiamo bisogno di saper cogliere il legame tra decisioni governative, politiche di istituto e vita d’aula: le scelte di governance hanno infatti un chiaro riverbero nell’esperienza scolastica quotidiana dei nostri alunni e non è possibile pensare a soluzioni operative per la vita d’aula che non tengano conto delle prassi organizzative degli istituti. Abbiamo bisogno di maggiori investimenti in istruzione, per risolvere i problemi strutturali delle nostre scuole e fornire alle scuole, soprattutto quelle in contesti difficili, maggiore capitale finanziario da utilizzare per garantire a tutti opportunità educative di qualità senza la necessità di coinvolgere i genitori per le loro finanze. Allo stesso modo, abbiamo bisogno di una scuola che si faccia comunità e dia valore a esperienze e competenze di tutti gli attori che ne fanno parte, interpretando in maniera creativa le possibilità offerte dall’autonomia scolastica per costruire una scuola su misura degli studenti che realmente la vivono.
Valerio Ferrero
Docente di scuola primaria e dell’infanzia presso il Miur e Teacher Expert in Philosophy for Children, è attualmente dottorando di ricerca in Scienze psicologiche, antropologiche e dell’educazione presso l’Università degli Studi di Torino. Si occupa di fattori vecchi e nuovi di disuguaglianza scolastica e come contrastarli nella scuola di oggi.
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