Non è un mestiere per uomini. L’altra faccia del gender gap
Avete mai incontrato maestri maschi nel vostro percorso educativo o in quello dei vostri figli o nipoti?
Pochi se non nessuno, ne sono certa: dati alla mano, il personale maschile nella scuola primaria non supera il 5% e nei servizi per l’infanzia non arriva all’1%.
Il gender gap non riguarda soltanto la scarsa presenza di donne in ruoli dirigenziali e di potere ma, specularmente, la presenza ancor più residuale di personale maschile nei contesti professionali educativi e di cura dell’infanzia. Una dinamica che non è all’attenzione dell’agenda politica nazionale ed europea, ma cruciale se vogliamo superare la netta e evidente disparità dei ruoli maschili e femminili nella nostra società a livello pubblico e privato.
Un primo passo è provare a capire le ragioni sottese a questa dinamica macroscopica.
Non è vero che siamo più portate
Da bambini l’arte del prenderci cura appassiona gli uni e le altre, senza evidenti distinzioni. Poi crescendo tutto cambia, maschi e femmine già alla primaria sviluppano attitudini e capacità diverse, e si orientano (o vengono orientati) verso percorsi formativi nettamente distinti. Lo vediamo in maniera evidente quando arrivano all’Università, dove la scarsa presenza maschile di studenti maschi nelle Scienze della formazione è speculare alla scarsa presenza di studentesse femmine nei cosiddetti percorsi STEM. C’è un filtro culturale che condiziona nel profondo e precocemente le scelte di vita e professionali di ragazzi e ragazze.
Stipendio e riconoscimento sociale
In alcuni cantoni della Svizzera hanno considerato la questione del gender care gap (vogliamo chiamarlo così) in maniera radicale: l’accesso ai corsi di laurea dedicati ai futuri maestri è vincolato a un 50% di studenti e un 50% di studentesse, che non vengono selezionati (come accade da noi) tramite un test a risposte multiple ma dopo un periodo di esperienza diretta coi bambini, per valutarne attitudini e predisposizioni. Perché non tutti e non tutte siamo portati per stare coi bambini otto ore al giorno e comprenderlo all’inizio del percorso è molto importante. Certo è vero che chi diventa maestro in quel contesto avrà un ottimo stipendio e un congruo riconoscimento sociale, elemento che potrebbe fare la differenza anche da noi.
Superare pregiudizi e diffidenze di colleghe e genitori
Quei pochi coraggiosi che scelgono percorsi di studi orientati all’educazione e alla cura devono non di rado superare critiche, ironie e scetticismi all’interno dei propri contesti famigliari e nel gruppo dei pari. Ma la sfida più grande, spesso, è nei contesti professionali stessi. Affidare il proprio figlio, in un nido d’infanzia, a una figura maschile suscita non di rado preoccupazioni e diffidenze nei genitori anche nei contesti delle grandi città. Eppure, superato quel primo scoglio, la questione è sempre la stessa: costruire la fiducia tra adulti sconosciuti che si trovano a condividere la dimensione più preziosa e delicata, la cura e l’educazione dei piccoli.
I costi della segregazione di genere
La segregazione di genere ha i suoi costi in termini di creatività e innovazione, ce lo dicono da tempo gli studi in ambito organizzativo. Nei contesti educativi e di cura questi squilibri sono particolarmente significativi perché possono avere ripercussioni profonde sulle nuove generazioni: come educare alla parità in contesti fortemente segregati? Come valorizzare attitudini e aspirazioni di bambini e bambine, in assenza di modelli di riferimento plurali? O ancora, in casi più estremi, come rieducare bambini che hanno assistito alla violenza dei padri sulle madri, in assenza di figure maschili con altri stili di relazione?
Il gender gap si può colmare solo insieme, con creatività e attenzione ai diversi talenti. Perché non c’è un mestiere per uomini… e nemmeno un mestiere per donne.
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Vignetta di Margherita Allegri – margheritallegri.blogspot.com
Anna Granata
Professoressa associata di Pedagogia presso il Dipartimento di Scienze umane per la formazione “Riccardo Massa” dell’Università di Milano-Bicocca. È autrice di libri, saggi e articoli su riviste scientifiche e divulgative attorno ai temi della mixité come risorsa educativa e formativa.
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