Se la scuola non è democratica

I dati contenuti nel “Rapporto Invalsi 2022” hanno trovato spazio nella maggioranza dei quotidiani nazionali, suscitando accesi dibattiti sui social e sulle riviste di settore. Gli studenti con background socioeconomico e socioculturale basso vanno peggio a scuola, già dalla primaria. I figli tendono a replicare il percorso scolastico dei genitori e più una famiglia è svantaggiata economicamente più il successo scolastico diviene un miraggio.

La situazione si aggrava durante il percorso scolastico

Gli studenti che ottengono risultati eccellenti e provengono da famiglie con uno status sopra la media sono più del doppio degli studenti che ottengono risultati eccellenti provenendo da famiglie con status sotto la media. Questo dato peggiora andando avanti nel percorso scolastico: la forbice si allarga sempre di più, con gli studenti delle famiglie più svantaggiate che non riescono a “stare al passo” dei compagni che hanno una situazione socioeconomica e socioculturale più favorevole.

Tutti a scuola, ma non tutti riescono a imparare…

Il discorso non è solo strumentale, rivolto ai risultati delle prove standardizzate, ma riguarda l’intera esperienza formativa dei ragazzi. C’è un problema di dispersione scolastica implicita: non tutti gli studenti riescono a imparare a scuola quelle competenze e quelle capacità necessarie per esercitare la cittadinanza e vivere una vita dignitosa dal punto di vista sociale, politico, culturale ed economico.

La questione merita attenzione non solo da parte della pedagogia, pronta a trovare soluzioni per migliorare il processo di insegnamento e apprendimento e promuovere il successo scolastico per tutti, ma anche da parte della politica, che dovrebbe mettere al centro delle proprie riforme i ragazzi e le ragazze… Tutti e tutte, nessuno escluso.

Un divario anche territoriale

Lungi dall’essere risolta, possiamo dire che la questione meridionale riguarda anche la scuola: gli studenti del Sud ottengono risultati inferiori a quelli del Centro-Nord, con la dispersione scolastica implicita in alcuni casi in aumento rispetto agli scorsi anni.

Ma il privilegio non deve trasformarsi in merito!

La nostra Costituzione non lascia margini di dubbio: l’articolo 34 sancisce che “la scuola è aperta a tutti”, sottolineando la necessità che agisca in una direzione di equità e giustizia sociale. Però, come abbiamo visto, questo ideale rimane una chimera perché la realtà è ben diversa.

Già qui e qui abbiamo sottolineato quanto la nostra scuola riproduca le disuguaglianze presenti e addirittura ne crei di nuove, non riuscendo a garantire a tutti percorsi formativi eccellenti. Il problema è che il privilegio di provenire da un contesto socioeconomico e socioculturale favorevole si trasforma in merito: ad andare bene a scuola e ad acquisire competenze e capacità sono i figli dei benestanti e coloro che vivono in contesti territoriali più floridi, mentre restano al palo i ragazzi che vivono in una situazione economica e culturale meno avvantaggiata. La scuola non riesce a fare nulla per invertire questa tendenza e fare in modo che ognuno riesca a realizzare le proprie aspirazioni, al di là del contesto di provenienza.

La riproduzione sociale è una dinamica ancora attiva e che la scuola non riesce ad arginare.

Cambiare la scuola è difficilissimo

Numerose sono state negli ultimi anni le riforme e gli interventi normativi che hanno avuto come oggetto la scuola: come ne Il gattopardo, tutto è cambiato affinché nulla cambiasse. Ogni legge ha di certo portato novità importanti ed effetti positivi, ma, quando ci troviamo davanti i dati che sopra abbiamo menzionato, dobbiamo prendere coscienza che c’è un problema e che occorre risolverlo mettendo al centro della nostra attenzione quei ragazzi e quelle ragazze per cui la scuola non è (più) un ascensore sociale.

Anche pensando al clima elettorale caldissimo di queste settimane, è necessario un impegno di tutta la politica a pensare riforme scolastiche che pongano al centro l’equità intesa come qualità dell’esperienza scolastica e garanzia per tutti di acquisire le competenze e le capacità necessarie per la vita.

Non c’è una ricetta valida per tutti…

Non esiste una bacchetta magica capace di risolvere il problema, non ci sono soluzioni prêt-à-porter da applicare in ogni contesto. I dati INVALSI ci pongono davanti a un problema serio, ma come tutti i numeri non possono raccontarci le singole storie e le cause che hanno portato ogni alunno a ottenere un risultato. Agli interventi legislativi ministeriali deve perciò accompagnarsi una progettualità educativa a livello di singola scuola, attenta ad analizzare i bisogni formativi ed educativi della popolazione scolastica per elaborare un’offerta formativa capace di rispondere a queste necessità.

Garantire più risorse alle scuole è il primo passo per sostenerle in una progettualità che risponda ai bisogni di tutti e sostenga gli studenti che appaiono più in difficoltà. A livello di singola scuola, ad esempio, un utilizzo creativo dell’organico di potenziamento permetterebbe di lavorare a classi aperte, di organizzare attività di peer tutoring e di agire con forza nella direzione del pluralismo metodologico per adattarsi meglio allo stile di apprendimento dei ragazzi. Simultaneamente, si valorizzerebbero così le competenze degli insegnanti e si garantirebbero occasioni formative di spessore agli studenti.

Le soluzioni potrebbero essere tante e sicuramente non possiamo riassumerle qui, proprio perché non ne esistono di valide per tutti. Ci sono però tre parole chiave da cui partire per costruire una scuola più inclusiva e capace di creare una società più giusta: abbiamo bisogno di creatività, per avventurarci in sentieri non ancora percorsi, anche grazie all’autonomia scolastica; abbiamo bisogno di equità, che deve diventare l’orizzonte di senso di politici, dirigenti, insegnanti, amministratori per invertire la rotta che ci hanno mostrato i dati INVALSI; abbiamo bisogno di pedagogia, nel senso che le riforme in materia di istruzione e le scelte progettuali delle scuole devono avvenire tenendo presente che le prime persone a cui dobbiamo rivolgere la nostra attenzione a scuola sono bambini e bambine, ragazzi e ragazze ed è dunque per loro che dobbiamo cambiare la scuola curvandola in una direzione di maggiore equità.