Nelle università si allena il pensiero democratico

Testo pubblicato il 15/10/2025 su Avvenire

di Anna Granata

 

Oggi gli atenei e le loro aule fanno paura perché non sono solo spazi di confronto, ma laboratori di azione civile e cambiamento.

 

Le università sono «i peggiori luoghi di non riflessione». Colpiscono le parole della ministra per le Pari opportunità e la Famiglia, Eugenia Maria Roccella, sia per il contenuto sia per il tono diretto e lapidario. Secondo la ministra sarebbe necessario cercare altri luoghi, diversi dalle aule universitarie, dove poter aprire spazi di riflessione. Non mi soffermo sull’argomento da cui nasce questa dichiarazione, ovvero la questione degli accordi con le università israeliane e i provvedimenti per interromperle messi in atto da alcune università italiane. Da docente universitaria e pedagogista, sento prima di tutto l’urgenza di riflettere sulle aule di università come luoghi irrinunciabili e insostituibili di riflessione e confronto democratico. La democrazia non è una forma di governo data una volta per tutte. Perché sia viva e in buona salute, ha bisogno costantemente di essere coltivata e rigenerata nel confronto e nel rapporto con le nuove generazioni di cittadini e cittadine. L’aula di scuola e di università è l’organo vitale di ogni democrazia e non esiste un luogo più adatto per coltivarla e rigenerarla. Costruire un habitus democratico in aula assume i tratti di un’esperienza situata, quotidiana e aperta a tutti, bambini, ragazzi e giovani di ogni età, genere, condizione sociale e origine culturale. È questo il primo spazio pubblico dove imparare a prendere la parola, porre domande, comprendere l’altro e il suo punto di vista, gestire conflitti su questioni di pensiero e valoriali, esprimere se necessario il dissenso di fronte all’autorità del docente e ai saperi codificati.

 

Prima ancora di poter partecipare alla vita pubblica tramite le procedure classiche della democrazia rappresentativa, quali l’esercizio del voto o la candidatura per elezioni, è in aula che le nuove generazioni possono coltivare il pensiero democratico. Primo garante di questo processo è il docente stesso. L’aula democratica infatti non si genera da sola radunando persone con idee, storie e opinioni diverse. Va costruita e coltivata giorno per giorno, adottando metodi discorsivi e democratici, evitando di trasmettere passivamente contenuti e nozioni, promuovendo la presa di parola di ogni persona presente in aula. La sfida più grande è dare voce a chi non si sente legittimato a parlare o pensa di non avere nulla di significativo da dire. Quella che può sembrare timidezza delle studentesse presenti in aula o disinteresse degli studenti di origine straniera, è in realtà la riproduzione dei rapporti di potere che attraversano la società. Allestire un’aula aperta e dialogica significa creare un clima nel quale ciascuno sente di avere un contributo fondamentale da portare alla comunità e, anche a partire dalla sua particolare storia ed esperienza, si mette in gioco per trasformare la società. È la lezione più bella che ci ha lasciato Bell Hooks, autrice di Insegnare a trasgredire e teorica dell’aula come spazio trasformativo: è in quel luogo che è possibile elaborare e immaginare insieme modi nuovi di vivere insieme. Oggi le università e le loro aule fanno paura perché non sono solo spazi di confronto ma laboratori di azione civile e cambiamento. Osservo questa dinamica nei miei studenti e studentesse dell’Università di Milano-Bicocca che partecipano attivamente alle lezioni, prendono la parola in aula, fanno domande ed esprimono il loro punto di vista e talvolta anche il loro dissenso. Per loro, generazione Z, questa dimensione non è separata da quella dell’azione civile e politica. Dopo una lezione sulla pedagogia degli oppressi di Paulo Freire o sulla scuola delle disuguaglianze di don Milani, sono loro a prendere in mano megafoni e manifestare contro le oppressioni di oggi e gli accordi ambigui o ingiusti delle nostre istituzioni. Lo fanno spesso con più coraggio e determinazione del corpo accademico. E in fondo stanno dando anche a noi docenti la più autentica e potente lezione di democrazia. Lunga vita all’aula democratica.

© Avvenire – avvenire.it