I «talenti» degli insegnanti, un patrimonio da coltivare per salvare la scuola italiana
Testo pubblicato il 13/09/2025 su Corriere Buone Notizie edizione online e Corriere della Sera edizione cartacea
di Anna Granata, Docente di Pedagogia Università di Milano-Bicocca/ Comitato scientifico Rondò dei talenti
La sfida da raccogliere: «Se la scuola italiana resiste, in un Paese che spende più in armi che in istruzione, si deve ai docenti che ne fanno parte»
Ogni settembre la scuola italiana riparte tra emergenze regolarmente annunciate: mancano docenti, dirigenti e collaboratori scolastici. Un copione che si ripete, rivelando la fragilità del nostro sistema educativo e la disaffezione crescente verso i mestieri formativi, sempre meno riconosciuti e valorizzati sia a livello economico che di prestigio sociale.
Ma il mondo della scuola non è soltanto questo. E il personale docente, in particolare, non può essere misurato utilizzando solamente criteri quantitativi. Perché a tornare in aula anche quest’anno non sono numeri ma volti, persone, storie e talenti: docenti al primo incarico, freschi di laurea e carichi di entusiasmo, maestri e maestre di lunga esperienza che hanno cresciuto generazioni di bambini, insegnanti immessi in ruolo dopo lunghi anni di precariato, docenti di sostegno specializzati che tengono viva la vocazione all’inclusione delle nostre scuole.
Per ognuno di loro possiamo parlare di titoli e percorsi più o meno lineari di formazione al mestiere di insegnante, all’interno di un sistema dai tratti incerti per non dire kafkiani. E certamente possiamo parlare di motivazione o – facendo ricorso a un termine forse superato – di vocazione. Ma dovremmo parlare anche di talenti: una dimensione spesso ignorata e tuttavia centrale per poter svolgere a pieno una delle professioni più importanti per la tenuta della democrazia e la valorizzazione delle nuove generazioni.
Leggere Dante nelle periferie
Se la scuola italiana resiste, nel Paese che spende più in armi che in istruzione, e continua ogni giorno ad affrontare la sfida di un’istruzione di qualità «aperta a tutti», come prescrive la nostra Costituzione, lo dobbiamo ai talenti dei docenti che vi prendono parte. Si tratta di talenti diversi espressi di volta in volta secondo le modalità più varie e in differenti ambiti, che vanno dall’insegnare l’italiano a un bambino straniero al far sentire accolto un alunno con disabilità, dall’innescare in ragazze e ragazzi una passione per la matematica al saper tener viva l’attenzione in una classe di nativi digitali, fino al proporre la lettura di Dante in una scuola di periferia.
Se il talento non è una dote innata ma una qualità da coltivare, si rende evidente come il diritto al talento dovrebbe essere considerato il primo aspetto nella valorizzazione del mestiere di insegnante. Ma gli insegnanti sono disposti a coltivare i propri talenti?
Il Festival dell’Educazione a Cuneo
La presenza di quasi centocinquanta docenti ed educatori da tutta Italia e anche dall’estero che, nel pieno dell’estate, hanno risposto con entusiasmo alla proposta formativa del Festival dell’Educazione «A Tutto Tondo», al Rondò dei Talenti di Cuneo, ci dice di un grande desiderio di formazione e aggiornamento professionale. Un’iniziativa unica in Italia sia per i numeri che la caratterizzano sia per la qualità e il livello della proposta culturale e formativa offerta agli insegnanti di tutta Italia. Sei Summer school – di cui una in lingua inglese dal titolo Talent Without Borders – che hanno spaziato dall’educazione museale al gioco e all’educazione outdoor, dalle materie steam all’intelligenza artificiale per l’apprendimento, dall’inclusione alle pratiche dialogiche. Docenti di ogni età e impegnati in diversi ordini di scuole, si sono messi in gioco e hanno coltivato quei talenti e capacità che potranno poi sperimentare in aula coi propri studenti nel nuovo anno scolastico.
Coltivare i talenti
Si dice spesso che un Paese che guarda al futuro dovrebbe avere a cuore i talenti di bambini e ragazzi ed è molto vero. Più di rado si ricorda però che è al contempo necessario coltivare i talenti di insegnanti e docenti. In primo luogo perché il sapere non è qualcosa di dato una volta per tutte, da consegnare alle generazioni future come un manufatto museale impolverato. In secondo luogo perché coltivare i talenti è il miglior antidoto al burnout del personale docente, spesso ridotto a mero esecutore di compiti impartiti dall’alto e pratiche burocratiche alienanti che sviliscono la professione almeno al pari della svalutazione economica. In terzo luogo perché per trasmettere l’amore per il sapere e per i saperi alle nuove generazioni non c’è altra strada che coltivarlo in sé, ancor meglio se in un luogo consacrato ai talenti e in quel tempo fondamentale di vacanza nel quale anche il docente più sfiduciato può ritrovare, in compagnia di formatori e colleghi, il senso del proprio mestiere.
© Corriere Buone Notizie – corriere.it/buone-notizie

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